SCACCHI E MATEMATICA
“Se un bambino non riesce a imparare, insegnagli tu un metodo con il quale possa imparare a imparare” (Reuven Feuerstein, p. 133, in Miletto et al., 2010)
Scegliere di operare con gli scacchi per la meta-cognizione è frutto di precisi stimoli nati dalla piena condivisione di quanto esplicitato nelle Indicazioni Nazionali 2007 del MIUR-Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR, 2007).
Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere, al fine di “imparare a imparare”, riconoscere le difficoltà incontrate e le strategie adottate per superarle, prendere atto degli errori commessi, ma anche comprendere le ragioni di un insuccesso, conoscere i propri punti di forza sono tutte competenze necessarie a rendere l’alunno consapevole del proprio stile di apprendimento e capace di sviluppare autonomia nello studio. Occorre che l’alunno sia attivamente impegnato nella costruzione del suo sapere, sia sollecitato a riflettere su quanto impara, sia incoraggiato a esplicitare i suoi modi di comprendere e a comunicare ad altri i traguardi raggiunti. Ogni alunno va posto nelle condizioni di capire il compito assegnato, valutare le difficoltà e stimare le proprie abilità, imparando così a riflettere sul proprio comportamento, valutare gli esiti delle proprie azioni e trarne considerazioni per migliorare (Ministero della Pubblica Istruzione, “Indicazioni per il curricolo”, pp. 46, Miur 2007).
L’educazione viene chiamata in gioco e diventa condizione necessaria per rispondere al bisogno di “sapere, saper fare, saper essere”. L’eredità culturale di Giovanni Comenio (1658) (àgere, sàpere, loqui) trova così piena applicazione nella complessità contemporanea e si integra nel “saper dire quel che si fa” (metacognizione), che significa “rendersi conto”, avere il coraggio ermeneutico di non vedersi con e agli occhi degli altri, ma con i propri, raccontarsi e imparare a pensare, rendersi conto del proprio processo di auto-educazione e auto-formazione, intesi come arricchimento di conoscenze, apprendimento e gioia di avventurarsi nel pensiero e di creare nuove referenze e nuovi significati.
C’è un rapporto stretto tra scacchi e matematica perchè sono discipline che fanno parte della stesso settore della conoscenza. Quello che opera a partire da assiomi, per arrivare a conclusioni dimostrate attraverso un ragionamento rigoroso. Gli assiomi della matematica equivalgono, negli scacchi, alla posizione iniziale dei pezzi. Le regole di ragionamento equivalgono al movimento dei pezzi, che è costante e non può variare. Il teorema dimostrato è lo scacco matto. E, come nella matematica, il processo è perfettamente razionale, nessuno può metterlo in discussione. C’è chi ha fatto la stessa analogia con la fisica. E’ stato un grande scienziato, Richard Feynman. A suo parere un fisico che osserva l’universo è come un uomo che guarda una partita a scacchi, senza conoscerne le regole. Piano piano, analizzando una partita, poi un’altra, facendo ipotesi e controllandole, arriva a capire come si muovono i pezzi e qual è lo scopo del gioco. Può succedere però che capiti una mossa strana, come l’arrocco o la presa en passant. E allora bisogna rinunciare alla teoria precedente, e costruirne un’altra che spieghi questo imprevisto. Anche l’intuito e la creatività sono decisivi. Educano alla competizione pura senza ricorrere a sotterfugi e alla lealtà sportiva (pp. 55-56, Piergiorgio Odifreddi, matematico, Vicepresidente dell’ UAAR – Unione Atei e Agnostici razionalisti; Casale, 2010b).