domenica 26 gennaio 2014

ARCHIMEDE E IL PALLONE DA CALCIO

icosaedro troncato

Modello di carta di icosaedro troncato
"pallone da calcio"



Icosaedro troncato:
Numero di facce: 32
Numero di spigoli: 90
Numero di vertici: 60



Uno dei modelli di pallone da calcio ricalca la forma dell'icosaedro troncato, con le facce pentagonali colorate in nero e le esagonali in bianco.


Questo solido formato da 12 pentagoni regolari e 20 esagoni regolari è stato ideato da Archimede più di duemila anni fa.

Quando è stato costruito il primo pallone da calcio? 
Le prime direttive riguardanti le caratteristiche del pallone furono date nel 1863 dalla Football Association inglese. Dal 1872 in poi non ci sono stati grandi cambiamenti. Il pallone da calcio è una sfera riempita di aria e ricoperta di cuoio o altro materiale adatto. Deve avere dimensioni, peso, pressione stabilite. Perché la maggior parte dei palloni è formato da pentagoni ed esagoni? Pensiamo di dover ricoprire una sfera con un telo intero: si formano delle pieghe. Possiamo pensare allora di utilizzare del cuoio a pezzi, dei rettangoli ad esempio. in effetti si ottiene una forma quasi sferica che però si deforma con l'umidità e con il passare del tempo. Così era il pallone delle Olimpiadi del 1936. I pezzi esagonali e pentagonali del pallone Telstar risolvono meglio il problema. Oggi i palloni sono termosaldati con parti di altre forme come lo Jabulani dei mondiali 2010.

martedì 21 gennaio 2014

MATEMATICA_INTUITIVA


"La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un servitore fedele.
Noi abbiamo creato una società che onora il servitore e ha dimeticato il dono."
                                                                                          -Albert Einstein-


.......... se la teoria della relatività è arrivata ad Einstein sotto forma d’immagine intuitiva, ha avuto poi bisogno della sua razionalità per trasformarla in formula matematica e poterla trasmettere ai posteri.

domenica 19 gennaio 2014

AFORISMA

''Siamo nani sulle spalle dei giganti: la nostra ragione potrà essere tanto più potente e lungimirante quanto più ci saremo impadroniti del pensiero dei giganti: solo a partire dalle loro altezze, da quanto essi hanno conquistato con il loro ingegno, potremo lanciare uno sguardo su orizzonti più lontani…
— Bernardo di Chartres

sabato 11 gennaio 2014

PARTIZIONE DI N

In quanti modi si può scrivere "n" come somma di altri numeri interi?


In quanti modi si può scrivere 4 come somma di altri numeri interi? La risposta è: in 5 modi senza tenere conto dell'ordine degli addendi.

Infatti:
1° modo: 4=4
2° modo: 4=3+1
3° modo: 4=2+2
4° modo: 4=2+1+1
5° modo: 4=1+1+1+1


Le partizioni di 5 sono le seguenti
1° modo:5= 5
2° modo: 5=4 + 1
3° modo: 5=3 + 2
4° modo: 5=3 + 1 + 1
5° modo: 5=2 + 2+1
6° modo: 5=2 + 1 + 1+1
7° modo: 5=1 + 1 + 1 + 1+1


Le partizioni di 6 sono le seguenti
1° modo:6= 6
2° modo: 6=5 + 1
3° modo: 6=4+2
4° modo: 6=4 + 1+1
5° modo: 6=3 + 3
6° modo: 6=3 +2+1
7° modo: 6=3 + 1+1+1
8° modo: 6=2 + 2 + 2
9° modo: 6=2+2+1+1

10° modo: 6=2 + 1+1+1+1
11° modo: 6=1+1+1+1+1+1



Le partizioni di 8 sono invece le seguenti:
1° modo:8= 8
2° modo: 8=7 + 1
3° modo: 8=6 + 2
4° modo: 8=6 + 1 + 1
5° modo: 8=5 + 3
6° modo: 8=5 + 2 + 1
7° modo: 8=5 + 1 + 1 + 1
8° modo: 8=4 + 4
9° modo: 8=4 + 3 + 1
10°modo: 8=4 + 2 + 2
11°modo: 8=4 + 2 + 1 + 1
12°modo: 8=4 + 1 + 1 + 1 + 1
13°modo: 8= 3 + 3 + 2
14°modo:  8=3 + 3 + 1 + 1
15° modo: 8=3 + 2 + 2 + 1
16° modo: 8=3 + 2 + 1 + 1 + 1
17° modo: 8=3 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1
18° modo: 8=2 + 2 + 2 + 2
19° modo: 8=2 + 2 + 2 + 1 + 1
20° modo: 8=2 + 2 + 1 + 1 + 1 + 1
21° modo: 8=2 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1
22° modo: 8=1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1


Nel linguaggio matematico si dice che la partizione di 4 è 5 e si indica come P(4)=5, che la partizione di 8 è 22 e si indica come P(8)=22. Ma qual è la partizione di 100? E quella di 100.000? Esiste un modo veloce per calcolare la partizione di qualunque intero senza perdersi in migliaia di calcoli astronomici? La domanda sembra banale ma ha tenuto impegnati per secoli i matematici che hanno tentato, invano, di trovare un'equazione che permettesse di risolvere il problema. 

La sequenza dei numeri di partizione dei primi numeri naturali è P(0)=1, P(1)=1, P(2)=2, P(3)=3, P(4)=5, P(5)=7, P(6)=11, P(7)=15, P(8)=22 P(9)=30 P(10)=42 etc.. Come si vede P(n) cresce velocemente al crescere di n. Per il numero 100 è maggiore di 190.000.000 Si tratta insomma di numeri grandi e scomodi da maneggiare. E oltretutto la sequenza dei numeri di partizione non segue, almeno in apparenza, nessuno schema logico. 

A risolvere il problema hanno provato in tanti: in particolare Eulero nel XVIII secolo e, negli anni '20, il matematico indiano Ramanujan, che era riuscito a sviluppare una formula che permetteva di calcolare abbastanza agilmente P(n) per n inferiore o uguale a 200. La formula faceva uso del valore pigreco e ciò la rendeva imprecisa e pieno di decimali. Ma nel 1919 Ramanujan, poco prima di morire, lasciò un misterioso appunto nel quale indicava una non meglio specificata schematicità nella sequenza secondo le potenze di 5, 7, 11. 

 Ken Ono, un giovane matematico della Emory University di Atlanta, in Georgia insieme ai suoi collaboratori è venuto a capo dell'enigma nel gennaio del 2011: i numeri di partizione si comportano come i frattali In apparenza sono disordinati e senza alcuna congruenza, ma se analizzati a livello "micro" sono composti da schemi ordinati che si ripetono.  Le sequenze delle partizioni sono insomma periodiche e si ripetono identiche a intervalli precisi. Ramanujan aveva ragione e il segreto di questo schema è nelle proprietà di divisibilità dei numeri di partizione.

Ono e i suoi collaboratori si sono spinti oltre e grazie a una serie di intuizioni geniali sono riusciti a sviluppare una formula che permette di calcolare P(n) per ogni numero intero pari a n

 Concludiamo ricordando che le partizioni hanno molte implicazioni in diverse aree dell'algebra, della fisica, della statistica e dell'economia.

lunedì 6 gennaio 2014

SCACCHI E MATEMATICA

SCACCHI E MATEMATICA


   “Se un bambino non riesce a imparare, insegnagli tu un metodo con il quale possa          imparare a imparare” (Reuven Feuerstein, p. 133, in Miletto et al., 2010)



Scegliere di operare con gli scacchi per la meta-cognizione è frutto di precisi stimoli nati dalla piena condivisione di quanto esplicitato nelle Indicazioni Nazionali 2007 del MIUR-Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR, 2007).

Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere, al fine di “imparare a imparare”, riconoscere le difficoltà incontrate e le strategie adottate per superarle, prendere atto degli errori commessi, ma anche comprendere le ragioni di un insuccesso, conoscere i propri punti di forza sono tutte competenze necessarie a rendere l’alunno consapevole del proprio stile di apprendimento e capace di sviluppare autonomia nello studio. Occorre che l’alunno sia attivamente impegnato nella costruzione del suo sapere, sia sollecitato a riflettere su quanto impara, sia incoraggiato a esplicitare i suoi modi di comprendere e a comunicare ad altri i traguardi raggiunti. Ogni alunno va posto nelle condizioni di capire il compito assegnato, valutare le difficoltà e stimare le proprie abilità, imparando così a riflettere sul proprio comportamento, valutare gli esiti delle proprie azioni e trarne considerazioni per migliorare (Ministero della Pubblica Istruzione, “Indicazioni per il curricolo”, pp. 46, Miur 2007).

L’educazione viene chiamata in gioco e diventa condizione necessaria per rispondere al bisogno di “sapere, saper fare, saper essere”. L’eredità culturale di Giovanni Comenio (1658) (àgere, sàpere, loqui) trova così piena applicazione nella complessità contemporanea e si integra nel “saper dire quel che si fa” (metacognizione), che significa “rendersi conto”, avere il coraggio ermeneutico di non vedersi con e agli occhi degli altri, ma con i propri, raccontarsi e imparare a pensare, rendersi conto del proprio processo di auto-educazione e auto-formazione, intesi come arricchimento di conoscenze, apprendimento e gioia di avventurarsi nel pensiero e di creare nuove referenze e nuovi significati.

 C’è un rapporto stretto tra scacchi e matematica perchè sono discipline che fanno parte della stesso settore della conoscenza. Quello che opera a partire da assiomi, per arrivare a conclusioni dimostrate attraverso un ragionamento rigoroso. Gli assiomi della matematica equivalgono, negli scacchi, alla posizione iniziale dei pezzi. Le regole di ragionamento equivalgono al movimento dei pezzi, che è costante e non può variare. Il teorema dimostrato è lo scacco matto. E, come nella matematica, il processo è perfettamente razionale, nessuno può metterlo in discussione. C’è chi ha fatto la stessa analogia con la fisica. E’ stato un grande scienziato, Richard Feynman. A suo parere un fisico che osserva l’universo è come un uomo che guarda una partita a scacchi, senza conoscerne le regole. Piano piano, analizzando una partita, poi un’altra, facendo ipotesi e controllandole, arriva a capire come si muovono i pezzi e qual è lo scopo del gioco. Può succedere però che capiti una mossa strana, come l’arrocco o la presa en passant. E allora bisogna rinunciare alla teoria precedente, e costruirne un’altra che spieghi questo imprevisto. Anche l’intuito e la creatività sono decisivi. Educano alla competizione pura senza ricorrere a sotterfugi e alla lealtà sportiva (pp. 55-56, Piergiorgio Odifreddi, matematico, Vicepresidente dell’ UAAR – Unione Atei e Agnostici razionalisti; Casale, 2010b).